I LUOGHI DI RUZANTE
LA LOGGIA CORNARO
Da: Camillo Semenzato, La teatralità dellarchitettura veneta
e la Loggia Cornaro, in Convegno Internazionale di Studi sul Ruzante, a cura di
Giovanni Calendoli e Giuseppe Vellucci (Padova, 26/27/28 maggio 1983), Venezia, Corbo e
Fiore, 1987, pp. 15-19:
Il complesso della Loggia e dellOdeon Cornaro, importantissimo
dal punto di vista tipologico e formale, sia per la storia del teatro, sia per quella
dellarchitettura in generale, sia per quello della società veneta rinascimentale,
presenta ancora diversi problemi. Prescindiamo da quelli concernenti lOdeon e
limitiamoci alla Loggia. La data che appare a destra dellarchitrave dellarco
centrale, il 1524, e il nome del Falconetto, non lasciano dubbi sulla sua
collocazione cronologica e sul suo autore. I problemi si presentano quando si passa alla
parte alta delledificio per la quale i contributi critici più recenti sono
favorevoli ad una datazione più tarda: la loggia sarebbe stata costruita in due tempi,
prima la sua parte bassa e poi, a distanza di anni, quella superiore. [
]
Limitiamoci in questa sede, in cui tutti i problemi convergono verso il
teatro, a parlare del portico vero e proprio, cioè della loggia, la sola parte in effetti
che si prestasse ad un vero uso teatrale. La Loggia può avere, come è stato già
circostanzialmente indicato, origine formale da una interpretazione vitruviana, non
esente, vorremmo qui aggiungere, da una eventuale contaminazione con i portici delle case
coloniche.
Si badi che si è lontani dal volere attribuire a questa contaminazione
un significato determinante, e siamo perfettamente convinti che linterpretazione
dotta sia quella decisamente prevalente: ci limitiamo ad osservare che in
questa scelta non poteva essere del tutto estranea la coincidenza con una tipologia, che
fu successivamente ampiamente diffusa, della casa rurale nella quale non mancavano esempi
di portici già in quellepoca, data la funzione pratica che svolgevano. Certamente
la Loggia riassumeva le caratteristiche idealizzate di un teatro classico, ma per un
personaggio come il Ruzante il presentarsi sotto delle arcate non era improprio e non
contraddiceva lambiente contadino da cui egli usciva, ed in cui, probabilmente, era
già stato rappresentato.
Daltra parte la Loggia era un elemento che esisteva non soltanto
come immagine teatrale. Accanto ad una matrice rustica ne possedeva altre di carattere
rappresentativo. Si pensi alla Loggia dei Cavalieri a Treviso, o a quella della Gran
Guardia a Padova.
Lo si sottolinea non tanto per stabilire degli antecedenti, ma per
rilevare che coincidono nella Loggia elementi aristocratici e insieme rustici che erano
singolarmente adatti ad una recitazione come quella del Ruzante che voleva portare, in una
chiara cornice umanistica, un contenuto rustico e una spontaneità contadina. Ma è stata
costruita appositamente per il Ruzante? Da un punto di vista cronologico è possibile,
dato che nel 1524 aveva già cominciato da qualche anno la sua attività; quello che
comunque è certo è che se le recitazioni dovevano avere una componente agreste, la sua
cornice era invece chiaramente umanistica.
Derivi pure la loggia, per ipotesi, anche da un portico di campagna.
Qui il motivo è riportato allinterno di una città e rivestito di attributi che ne
trasformano completamente lorigine. Solo lo spazio agibile può riuscire identico, e
contenere quella promiscuità, quellintimità tra recitazione e pubblico, che poteva
esserci in un ambiente campestre. Attori e spettatori restano qui vicini come in uno
spettacolo improvvisato presso laia di una fattoria, ma limprovvisazione non
cè più, tutto qui viene assunto secondo le regole della classicità, tradotto
nella sua forma più nobile, ed è collegato al passato e alla storia, diventando
rievocativo oltre che evocativo. Questa cornice non solo nobilita il teatro, ma vuol
diventare essa stessa teatro, essere nella sua essenza scenografia. [
]
Questa architettura della loggia è costituita da misure, da rapporti,
e da attributi classicistici che sono comuni a tutto il lessico rinascimentale. Ma le
decorazioni, le cornici, i capitelli, le mensole, creano un particolare movimento di
effetti che non ha esempi altrove, nel suo spessore, nelle sue gradazioni, nella sua
efficacia. La singolare espressività di questa architettura è affidata a questi effetti
e gli effetti, a guardare bene, rimandano a un certo uso dei contrasti di luce ed ombra, e
ad una intrinseca, particolare, sensibilità per la luce. [
]
Molto probabilmente il Falconetto ritenne che fosse proprio nelle
funzioni di una cornice teatrale dare agli attributi del classicismo un risalto maggiore,
facendoli emergere dallintreccio degli spazi, accentuandone il valore evocativo.
Molto probabilmente la Loggia doveva diventare non soltanto praticamente un teatro, ma
essere anche, visibilmente, la maschera del teatro.
Il concetto di maschera ci può portare lontano. La maschera, pensiamo
allantichità allora così vicina, era già di per sé teatro, suggerimento di
finzione. La maschera traduce lessenza intima del teatro, il suo essere allusione,
finzione, il suo collocarsi a metà strada tra una realtà, per quanto effimera,
materialmente vera, e il sogno, lartificio, la finzione appunto.
Quellallegorismo che nel Cinquecento è sempre a due passi dalla
retorica, diveniva in questo modo la chiave per raggiungere una dimensione fantastica. Non
gli archi, le statue, i contenuti dellantichità, ma lillusione, e se volete,
la recitazione, il teatro dellantichità. Lantichità nella sua
più autentica forma teatrale, cioè come espressione di un essere e di un
non essere, di una realtà e di una finzione insieme. In cui lessere è,
lo ripetiamo, il presente, la realtà, per quanto effimera, del dramma recitativo, e il
non essere è lartificio, levocazione di ciò che non è, o non è
più. [
]
Ed è una volta di più interessante che la creazione della Loggia, ispirata
da componenti tanto sottili e mobilmente complesse, servisse a incorniciare
le commedie del Ruzante, dove apparentemente la realtà materiale appare in una
tale crudezza da essere creduta lei la necessità, se non il fine, ineluttabile
e volgare, della vita. Apparentemente, ripetiamo, perché nella loro essenza
le commedie del Ruzante, ne rappresentavano la sublimazione più difficile ed
alata: quella che trascina in alto le scorie del mondo più pesanti, le miserie
più inconsolabili, e non facendole dimenticare, o svuotandole asceticamente,
ma accettandole col sorriso consolatorio dellintelligenza. In quella cornice
allusiva e così ricca di delicata interiorità, il Ruzante sprigionava, in tutta
la sua pienezza, il senso tragico della vita, accettandone fino in fondo, e
vittoriosamente, le implicazioni più brutali.
Da: Alida Litardi, La Loggia e lOdeo Cornaro, in Padova
ritrovata. Itinaerari guidati alla scoperta della città restaurata (Opuscolo a cura
del Comune di Padova, Notturni darte 1998), p. 96:
La Loggia progettata dal Falconetto deriva il suo modello dalle
contemporanee esperienze romane e realizza una concezione unitaria dello spazio che,
attraverso le stesse fonti a cui si era ispirato Falconetto, diventerà il motivo
caratterizzante dellarchitettura del Cinquecento veneto. La Loggia con le sue
decorazioni costituisce una novità per il Veneto: è la prima realizzazione di quel
teatro allantica vagheggiato dal Cornaro e teorizzato poi da Palladio e
Scamozzi. Le sue arcate, un tempo aperte, costituivano lideale fondale per le
rappresentazioni facetissime che Angelo Beolco il Ruzante, fattore di casa
Cornaro, andava componendo per il diletto del padrone e dei suoi scelti ospiti, riuniti
allaperto nella Corte.
Sul lato di fondo della Corte di cui costituisce lideale
continuazione, la loggia è concepita come una frons scenae di reminiscenza
archeologica: in origine era costituita dal solo loggiato inferiore di ordine tuscanico,
formato da 5 arcate a tutto sesto, la centrale con luce maggiore delle laterali e 2
vittorie alate intorno alla chiave di volta ornata da mascherone, secondo uno schema
perfettamente simmetrico, ispirato allarco trionfale romano. Le arcate sono
intervallate da pilastri e semicolonne, su alto basamento, i sottarchi sono decorati con
motivi a rosette entro riquadri, una trabeazione a triglifi e metope in cui si alternano
patere e bucrani conclude il primo ordine.
Per lapparato decorativo di questo primo ordine si è fatto il
nome di Giovanni Mosca, uno scultore attento al gusto per il modellato e per la
ricerca di effetti attraverso il contrasto chiaroscurale.
Il secondo ordine ionico, che lanalisi dei materiali ha indicato essere
stato edificato in un momento successivo, è costituito da leggere lesene che
separano a regolari intervalli due finestre con timpano ricurvo e tre nicchie
con timpano triangolare; entro le nicchie di forma rettangolare trovano posto
tre statue raffiguranti le divinità olimpiche che, secondo la dotta simbologia
suggerita probabilmente dallo stesso Cornaro, proteggevano gli ozi intelligenti
del proprietario: a sinistra la dea Diana (famose erano le cacce del Cornaro),
al centro Venere Celeste, a destra Apollo. Tali statue erano riferite dal contemporaneo
M. Antonio Michiel, molto bene informato sugli avvenimenti artistici del proprio
tempo, allo scultore Zuan Padovano, detto da Milan, che è stato successivamente
identificato con Giovanni Rubino detto Dentone (Rigoni, 1931), come il Mosca
attivo nella cappella dellArca del Santo.
IMMAGINI:
Loggia Cornaro:
LINK:
www.padovanet.it/museicivici/monumenti/cornaro.htm
IL TEATRO DI PIETRA DEI CORNARO
Da: Maurizio Berti, Alla ricerca del teatro di pietra perduto,
in Ruzante: i luoghi, Sala della Gran Guardia, Padova, Comune di Padova,
Assessorato allo spettacolo Università degli Studi di Padova, Istituto di storia
del Teatro e dello Spettacolo, 16-26 maggio 1990, pp. 25; 27-29:
«
Nel territorio di Loreo, che è diviso da un ramo del Po, sopra
quello fabricò una stantia comoda alla chacia, et ogni anno per molti anni andò a fare
tal chacia dove prendea molti de tali animali quali quando dispensava in Venetia, quando
in Padova, quando li mandava a Signori. Et finita la chacia facea metere ad ordine una
comedia, la quale se recitava nel suo teatro che aveva fabricato ad imitatione deli
antichi, che il luogo della sena lo fece in pietra perpetuo, et laltra parte dove
stavano gli auditori lo faceva di tavole da potersi poi levare, et tute le comedie
reusivano benissimo, perché avea presso di sè in casa huomeni molto ati nel recitare,
come fu quel famoso Ruzzante». (Dalla trascrizione dellElogio, in Alvise
Cornaro, Scritti sulla vita sobria. Elogio e lettere, a cura di Marisa Milani,
Venezia, Corbo e Fiore,1983, pp. 131-132)
La più recente riproposizione del tema del teatro fatto costruire da
Alvise Cornaro è di Marisa Milani. La studiosa conferma, nel commento allo scritto
cornariano denominato Elogio, quanto consuetamente è ritenuto dagli storici: che
il teatro del Cornaro in realtà sia la loggia nella casa padovana del Cornaro stesso.
Le ricerche fatte dagli storici sulle fonti e sui luoghi dovrebbero
dunque essere ritenute conclusive. Fra coloro che ricercarono invano il teatro di pietra
vi furono Alfred Mortier, Emilio Lovarini, Giuseppe Fiocco, Emilio Menegazzo, Ludovico
Zorzi. Le fonti furono verificate con ricognizioni sul territorio, fra i colli di Este e
le valli del Polesine. Venne così appurata linesistenza di qualsiasi traccia della
scena di pietra ricordata dal Cornaro.
La loggia sul fondo del cortile del palazzo in via del Bersaglio non
può essere considerata però unattribuzione di ripiego, poiché vi sono state
riservate speculazioni ed impegno seri e costanti. Ludovico Zorzi, in un suo ultimo
scritto conserva ancora lidea o forse la speranza che nella loggia possa essere
stata ricostruita la scaenae frons del teatro allantica. La considerazione è
parte di osservazioni sui dati costruttivi della loggia ripresi da Giulio Bresciani
Alvarez e con lui, sappiamo, anche congetturati. [
]
Laricordo di Alvise Cornaro per la sistemazione del bacino
di S. Marco, criticamente restituito da Manfredo Tafuri, ci dà la dimostrazione più
completa di come il Theatro di pietra grande fosse ritenuto una speciale
architettura destinata solo alle rappresentazioni. Purtroppo la datazione dello scritto
(1560 circa) ci allontana molto dagli anni delle rappresentazioni delle commedie del
Ruzante (dal 1520 al 1533), anni nei quali si può pensare a repliche organizzate nella
stagione e nei luoghi della caccia: ancora nel dicembre del 1528 a Fosson, nel territorio
di Loreo, era rappresentato il Dialogo facetissimo et ridiculosissimo. [
]
Si è insistito sugli interessi antiquari della cerchia del Cornaro,
poiché essi avevano ormai determinato, fra il secondo e terzo decennio del Cinquecento,
un atteggiamento filologico diffuso. In architettura il Falconetto poteva
riproporre i modelli antichi sia per averne rilevate direttamente le proporzioni, sia per
averne avuto conforto dalla lettura del trattato vitruviano. Questo porta a ritenere che
quando Alvise Cornaro ci parla di scena teatrale altro non possa intendere che il teatro
allantica; né una scena a portico né la loggia del cortile interno di un
palazzo privato.
Queste considerazioni hanno portato a soffermarsi su un passo del
quarto atto del LAnconitana; Ruzante dice: «No, cancaro, statole! De quele
che porta qui che ven da Loreto, el se ven an de lì via
De queste che se avre e se
sera
quando uno vuol bastimare, i dise: Te me farè catar
lanconeta
De Anconeta».
In questa battuta potrebbe nascondersi unallusione atta a
provocare se non lilarità, almeno un moto di complicità negli spettatori. La
successione allusiva sarebbe questa: Loreto rinvia ad Ancona; Ancona suggerisce il
catar lanconeta; ma Anconeta è un luogo conosciuto vicino a Loredo
(Loreo). Pertanto Anconetta non sarebbe diminutivo di Ancona, ma il nome di una località
che compare, nella cartografia storica del territorio di Loreo fra il XVI e il XX secolo.
Il territorio di Loreo che abbiamo più volte indagato nel tentativo di
ricercare anche solamente le esigue tracce dellambiente della caccia del
Cinquecento, ha subito nei secoli recenti molte trasformazioni, soprattutto in relazione
ad importanti riassetti idrografici. Tuttavia le delimitazioni di esso sono ancora quelle
di un tempo: lAdige, il Po di Levante, il canale di Loreo. Ciò rende giustificata
una ricerca che si basi sul raffronto dei toponimi persistenti nellevoluzione delle
mappe del territorio denominato Foresto, tra i confini del padovano e del
ferrarese. Di queste mappe, dal XVI sec. in poi, ne esistono molte e dettagliate. I
disegni di perizia, in particolare, non possono però essere proficuamente utilizzati se
disgiunti dalle scritture a cui usualmente sono allegati. Assolutamente insufficiente è
stato dunque il lavoro fin qui condotto, poiché basato sullesame delle raccolte
iconografiche o di schede relative a mostre di materiali cartografici estrapolati dal loro
contesto documentale originario. Uno specialistico lavoro di archivio potrebbe dunque
intanto risolvere il quesito sulleventuale proprietà che la famiglia Cornaro può
avere posseduto nel territorio di Loreo. Tale proprietà doveva pur esistere se Alvise
Cornaro vi fabbricò una stantia comoda alla chacia: residenza tanto più
necessaria in quanto la stagione di caccia era svolta fra una compagnia di più persone,
nel periodo invernale e in un territorio esteso e selvaggio.
Relativamente alle osservazioni fatte fra i luoghi e sulle mappe si
crede che il centro urbano di Loreo potesse, nel Cinquecento, costituire un punto di
riferimento importante per la percorribilità del Foresto. Il canale di Loreo
permetteva laccesso alla vasta area di caccia da tutto il perimetro dacqua
compreso dalla foce dellAdige (Fosson) alla bocca del Po di Levante (porto delle
Fornaci). Limbocco di questo perimetro poteva esser preso provenendo dalla laguna di
Chioggia. A Chioggia era ancora possibile arrivare per via dacqua dal Piovato e da
Padova lungo il Bacchiglione: di questo ancora ci dice il Ruzante nel congedo dellAnconitana.
La percorribilità, agevole per via dacqua rende dunque più comprensibile come il
Cornaro potesse avere una residenza, forse non magnifica ma sicuramente funzionale e
stabile.
Unultima segnalazione, anche questa di semplice valore
indiziario. Abbiamo identificato la località dove poteva sorgere Anconetta. Essa
purtroppo corrisponde allinnesto del recente canale navigabile Po Brondolo con il Po
di Levante. Di quanto poteva restare di Anconetta evidentemente è stato tutto rimosso in
occasione dello scavo del nuovo canale.
Resta tuttavia ancora da verificare come ca Grimani, una grande
tenuta con insediamenti cinquecenteschi ancora rilevabili in località Pilastro nei pressi
del sito ove sorgeva Anconetta, muti in alcune mappe fra il Cinquecento e il Settecento la
denominazione in ca Cornaro.
ALTRI LUOGHI RUZANTIANI
Da: Pier Luigi Fantelli, Iconografia Ruzantiana, in Ruzante: i luoghi,
Sala della Gran Guardia, Padova, 16-26 maggio 1990, pp. 19-20:
Più che unidentificazione fisica, topografica, [in Ruzante] si privilegia
una dimensione evocativa [...]; interessava la qualità del Pavano, non
la quantità, nella logica dellintervento Ruzantiano. Se loperazione
era quella di portare lArcadia ideale allArcadia reale,
era necessario innanzitutto demolire il modello letterario che veicolava lideologia
arcadica, quindi tessere le lodi dellarcadia reale, la Pavania: Mo
unè el megior aire? Unè el megior pan, unè el megior vin?
Unè
le pì bele zente, putati e putate, zovani e vegi e dogni eté? (La
Betìa, Prologo per le recite in Pavana) Certo non mancano le indicazioni
di luoghi precisi: per Padova son ricordati il Vescovado e il convento di S.Urbano,
ove si andasea
/ per tor una scuela de fava (La Betia, atto
IV) durante la carestia del 1522; la Piazza dei Signori, al barbieri, a seder
sopra quelle sue banche in piazza (La Vaccaria, atto I); il volto
della Malvasia, soto la casa di Ezzelino, dove il Truffo della Vaccaria
giera andò
per bevere (La Vaccaria, atto II); il Portello,
da dove partiva la barca per Venezia (La Vaccaria, atto II).
Da: Ruzante: I luoghi, a cura di Giovanni Calendoli, in Ruzante:
i luoghi, Sala della Gran Guardia, Padova, 16-26 maggio 1990, pp. 36-41:
IL LUOGO NATALE. Pernumia è probabilmente il luogo natio di Angelo
Beolco. Nessun documento lo attesta; ma lo si può desumere da un giuoco di parole
altrimenti incomprensibile, contenuto nella Prima Oratione. [
] La casa del
Beolco a Pernumia è stata ricostruita in anni recenti da un appassionato studioso locale,
L. Zanini; ma in luogo diverso da quello dove si trovava originariamente.
IL BARCO DELLA REGINA. Il Barco della Regina Caterina Cornaro, a tre
miglia da Asolo, è uno dei luoghi deputati di Angelo Beolco. Qui egli, indossando le
vesti del suo personaggio o alter ego Ruzante, recitò la Prima Oratione
alla fine di agosto o ai primi di settembre del 1521 dinanzi al Cardinale Marco Cornaro e
la Seconda Oratione nellestate del 1528 dinanzi ad un altro Cornaro
porporato, Francesco fratello minore di Marco.
Con la denominazione di Barco si intendeva tutto il
complesso delle mura, delle torri, delle fontane, degli edifici e dei parchi sistemati
dalla Regina nella campagna di Altivole.
Dellimponente e fastosa residenza estiva rimane ormai soltanto
unala di fabbrica che ha il suo elemento fondamentale in una loggia, la struttura
della quale è simile a quella creata da Giovanni Maria Falconetto a Padova nella dimora
di Alvise Cornaro. Ambedue gli edifici, nelle linee generali, riproducono un apprestamento
scenografico, che è documentato anche dalle incisioni inserite nella edizione delle
commedie di Plauto stampata a Venezia nel 1518. [
]
LA FRONTIERA DI LIZZAFUSINA. Il Ruzante del Parlamento che,
reduce dalla guerra, non sa se è vivo o morto, si convince dessere ancora a questo
mondo e precisamente a Venezia, ricordando le azioni poco prima indubitabilmente compiute:
«Non songiò montà in barca a Lizafusina? À son stò pur a Santa Maria dun bel
Fantin a desfar el mevò».
A Lizzafusina oggi Fusina era ancora nel Cinquecento la
vera frontiera fra la terraferma e Venezia. Qui, alla foce del Brenta era installata una
macchina detta il carro, che trasportava le imbarcazioni delle acque del fiume
su quelle della Laguna. Si andava così a Venezia.
Il carro rimase in funzione fino al 1613, quando fu
costruita una chiusa che lo rendeva inutile: ma la famiglia Pesaro, che lo aveva messo in
opera, fu adeguatamente risarcita.
La Santa Maria dun bel Fantin alla quale si riferisce
Ruzante, è probabilmente il Santuario della Madonna delle Grazie presso Piove di Sacco,
dove si venera una Madonna col Bambino, attribuita a Giovanni Bellini.
A CODEVIGO PER IL CORNARO. Alvise Cornaro svolse unintensa
attività per ampliare i propri possedimenti nel territorio di Codevigo e della vicina
Rosara, specialmente nel periodo della carestia che imperversò tra il 1528 e il 1529.
Angelo Beolco agì in vari acquisti per conto del Cornaro e quindi
frequentò assiduamente questi luoghi, conoscendo direttamente le condizioni dei contadini
che, travolti dai debiti, erano costretti a cedere per fame i loro piccoli appezzamenti di
terra.
In un contratto stipulato il 12 giugno 1529 per la cessione di due
campi di prato a Rosara si legge: «
ser Zaninus Zago
dedit, vendidit, cessit
et renuntiavit in perpetuum egregio domino Angelo Ruzante de Padua uti comisso in hoc
magnifici domini Alusii Cornerii
»
Anche in un documento notarile lo scrittore assumeva il nome del suo
personaggio contadino.
CACCE E RECITE A FOSSON. Il Dialogo facetissimo e ridiculosissimo
di Angelo Beolco, come testimonia una didascalia della prima stampa, fu recitato a
Fosson alla caccia lanno della carestia 1528.
A Fosson di Loreo, nel Basso Polesine, Alvise Cornaro possedeva «una
stantia comoda alla chacia, et ogni anno per molti anni andò a fare tal chacia».
Lo attesta anche Marin Senuto nei suoi Diarii, dove, sotto la
data del 18 gennaio 1529, annota: «In questa matina vidi una cosa notanda, che per piaza
di San Marco atorno et per corte di palazo fo portato da fachini una cazason fatta a
Fosson per Alvise Cornero, sta a Padova, videlicet 10 caprioli, 2 porchi cinghiari et do
cervi grandi, che fo bel veder. Et tutto lui mandò a donar al reverendissimo Cardinal
Pixani, per haver il vescovado di Padoa et lui li governa lintrade».
Le cacce erano per il Cornaro un divertimento ed al tempo stesso un
modo per svolgere una politica di relazione con i potenti e con gli umili. Angelo Beolco
ne era sempre partecipe come commissus et nuncius del padrone mediante la recita di
testi appropriati alle varie circostanze.
IL SOGNO DI ESTE. Angelo Beolco frequentò Este fin dallinizio
del suo rapporto con Alvise Cornaro, che anche in questa città e nel suo territorio aveva
cospicui interessi.
A Este, il giorno dei Morti del 1525, il commediografo già
testimoniava alla stipula di un contratto con il quale il suo autorevole padrone dava in
affitto una piccola campagna posita super montem.
Alvise Cornaro a Este possedeva anche una villa, che, come la
stantia di Fosson, era luogo di convegno per la caccia. Ne rimane larco
costruito da Giovani Maria Falconetto, dietro il quale forse saliva la monumentale
scalinata ritratta nel 1711 da Vincenzo Coronelli.
Nella Lettera allAlvarotto, che è probabilmente il suo
ultimo scritto, Angelo Beolco racconta di un suo fantastico sogno ed immagina di essersi
addormentato sopra duna dele nostre montagnette dEste, a caccia,
mentre attendeva i bracchi di ritorno dallinseguimento di una lepre.
CHIOGGIA INVECE DI CIRENE. Angelo Beolco, per scrivere la Piovana si
ispirò a una commedia di Plauto, Rudens; ma ne ricreò ab imis fundamentis
lazione e i personaggi, trasferendoli nella Terraferma del proprio tempo.
Lazione del Rudens si situa in un tratto della spiaggia di Cirene, dove
sorgono da un lato la villa di Demone e dallaltro il tempio di Venere. La Piovana
si svolge in un borgo presso Chioggia, dove, accanto a una piccola chiesa, sono le case di
Tura e Maregale.
Il luogo non è inventato, ma reale. La piccola chiesa, dove Nina e
Ghetta trovano rifugio dopo essere scampate a un naufragio, esisteva effettivamente ed era
stata costruita nel luogo dove il 24 giugno 1508, dopo una tremenda mareggiata, ad un tal
Baldissera Zalon era apparsa la Madonna, sdegnata per la vita sregolata condotta dai
chioggiotti.
Lantica chiesa durante le guerre napoleoniche, dopo essere stata
trasformata in un fortilizio nel 1799, fu distrutta nel 1814. Al suo posto è stato
costruito il nuovo tempio di Santa Maria della Navicella, aperto al culto nel 1954.
LE CASE DELLA VITA. La vita di Angelo Beolco a Padova si svolse
interamente nella casa di famiglia e nella dimora di Alvise Cornaro.
Nella casa di famiglia il commediografo consumò probabilmente parte
della giovinezza accanto ad un padre che non amava molto (Nella Pastoral Ruzante
annuncia con crudele allegria la morte del padre, compiacendosi per il risultato ottenuto
con il medico bergamasco maestro Francesco).
Trascorse il suo tempo più operoso nella dimora di Alvise Cornaro, del
quale fu collaboratore nella conduzione delle campagne, senza trascurare la creazione
delle commedie. Le due attività erano in lui strettamente connesse: portava sulla scena
esperienze effettivamente vissute al servizio del suo padrone e protettore.
Ma il Beolco, che finì col divenire anche nella vita Ruzante, non
aveva uno spirito cittadinesco. Nella Prima Oratione egli ha infatti scritto:
«
da prima fo el Pavan de Pava. E i nostri antessore viegi vose che l metesse
lome a Pava de femena, perché la staesse sempre sotto el Pavan, e che l Pavan
tegnisse sodomitù Pava».
MESSAGGI AI VENEZIANI. Angelo Beolco esce dal suo universo pavano solo
per andare a Venezia o a Ferrara. Non ama le lunghe assenze dal suolo natio. Nella città
lagunare va come lambasciatore di un territorio diverso, con la malleveria e
lassenso del veneziano Alvise Cornaro, per far conoscere ai proprietari terrieri
della Serenissima i problemi della campagna ed il modo di governarli per lutilità
comune. La produzione agricola deve essere organizzata in un modo nuovo, del quale il
Cornaro propone il progetto e il Beolco offre la rappresentazione teatrale.
Dal 1520 al 1526 Ruzante fa sentire a ca Foscari, a ca
Trevigian, a ca Pesaro, a ca Ariani e persino nel Palazzo ducale la sua voce
di protesta; ma le recite evidentemente non conseguono leffetto desiderato se dopo
il 1526 si interrompono.
Venezia non ama Ruzante e Ruzante non ama Venezia, anche se ne tesse un
elogio convenzionale in qualche prologo scritto per propiziare lesito di una
rappresentazione. [
]
LULTIMA DIMORA. Giorgio Vasari nel rievocare la vita
dellarchitetto Giovanni Maria Falconetto, che operò assiduamente nella cerchia di
Alvise Cornaro, scrive: «Giovanmaria, essendo storpiato dalla gotte, finì il corso della
vita sua in Padova in casa del detto messer Luigi Cornaro, che lamò sempre come
fratello, anzi, quanto se stesso; e acciocché non fussero i corpi di coloro in morte
separati, i quali aveva congiunti insieme con gli animi lamicizia e la virtù in
questo mondo, aveva disegnato esso messer Luigi che nella sua stessa sepoltura, che si
doveva fare, fosse riposto con esso Giovanmaria e il facetissimo poeta Ruzzante, che fu
suo familiarissimo, e visse e morì in casa di lui; ma io non [so] se cotal disegno de
magnifico Cornaro ebbe effetti».
Nel testamento stilato nel 1566 poche settimane prima di morire, il Cornaro
diede precise disposizioni per la sua sepoltura, ignorando completamente lintenzione
di riposare insieme con gli amici.
Angelo Beolco, morto il 17 marzo 1542, fu inumato accanto al padre
nella Chiesa di San Daniele e la tomba rimase senza un contrassegno esteriore,
fin quando il canonico G.B. Rota non provvide nel 1560 ad apporvi una lapide.
Il Cornaro allora era ancora vivo; ma non risulta che abbia in qualche modo
partecipato a questa tardiva azione riparatrice.
IMMAGINI:
Casa Cornaro:
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Palazzo Cornaro al Santo disegno di Lorenzo Mazzi,
Padova, archivio di Stato, Corporazioni soppresse, Monastero, S.Antonio,
tomo 320, c. 9, 1735
Il disegno mostra la facciata delledificio come doveva
essere dopo i lavori realizzati da Alvise Angelieri, zio di Alvise Cornaro,
agli inizi del Cinquecento.
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Loreo:
Particolare del Polesino di Rovigo, il territorio
di Loreo, 1620
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Ferrara:
Veduta scenografica con la piazza di Ferrara, Disegno
della Biblioteca Ariostea. Il lato occidentale della piazza di Ferrara
è stato identificato come bozzetto per I Suppositi, la commedia
ariostesca ambientata a Ferrara, poi utilizzato dal Ruzante. Ma la datazione,
ora spostata intorno al 1550, impedisce tale identificazione, pur attestando
il tipo di concezione spaziale presente nel teatro ferrarese.
(da: I luoghi, a cura di Giovanni Calendoli, in Ruzante:
i luoghi, Sala della Gran Guardia, Padova, 16-26 maggio 1990, p. 61)
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Lapide:
La lapide trascritta in De antiquitate urbis Patavii
di Bernardino Scardeone, 1560
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La macchina a Lizzafusina:
Anonimo da Vincenzo Coronelli (1711)
La litografia, tratta dalla tavola 13 de La Brenta
di Coronelli, raffigura il "carro" o "Lizza" un tempo
utilizzato per trasbordare le imbarcazioni che percorrevano la Brenta,
dal fiume alla laguna. Constava di due piani inclinati, sui quali veniva
fatta scivolare limbarcazione, trainata da argani mossi da cavalli.
Costruita nel 1438, venne demolita verso il 1614, allorché fu costruita
la chiusa dei Moranzani nel 1609.
(da: Ruzante: I luoghi, a cura di Giovanni Calendoli,
in Ruzante: i luoghi, Sala della Gran Guardia, Padova, 16-26 maggio
1990, p. 56)
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BIBLIOGRAFIA:
LUDOVICO ZORZI, Tra Ruzante e Vitruvio, in Alvise Cornaro e il
suo tempo, Comune di Padova, 1980, pp. 94-104
Camillo Semenzato, La teatralità dellarchitettura veneta e la
Loggia Cornaro, in Convegno Internazionale di Studi sul Ruzante, a cura di
Giovanni Calendoli e Giuseppe Vellucci (Padova, 26/27/28 maggio 1983), Venezia, Corbo e
Fiore, 1987
Ruzante: i luoghi, Sala della Gran Guardia, Padova, Comune di Padova,
Assessorato allo spettacolo Università degli Studi di Padova, Istituto di storia
del Teatro e dello Spettacolo, 16-26 maggio 1990
Anna Maria Spiazzi, La cultura figurativa a Padova nelletà
di Ruzante, in Catalogo ruzantiano, a cura di Ivano Paccagnella (Filologia
Veneta, V), Padova, Esedra, 1999 pp. 17-68
LINKS:
www.edit2000.com/pernumia/htm/main298.htm